Il Commissario Ricciardi: poliziesco, mistery e melodramma

Lino Guanciale è Il Commissario Ricciardi nella serie in sei puntate tratte dagli omonimi romanzi di Maurizio de Giovanni, in onda ogni lunedì dal 25 gennaio su Rai 1. Una coproduzione Rai Fiction-Clemart srl, prodotta da Massimo Martino e Gabriella Buontempo, per la regia di Alessandro D’Alatri e sceneggiature firmate dallo stesso scrittore napoletano Maurizio de Giovanni insieme a Salvatore Basile, Viola Rispoli e Doriana Leondeff.

La prima puntata dal titolo “Il senso del dolore” è stata seguita da 5,9 milioni di spettatori, pari al 24,1% di share.

Per Maurizio de Giovanni è un periodo fortunato; infatti oltre a Il Commissario Ricciardi, è in onda su Rai 1 un’altra serie di successo tratta da un suo romanzo, Mina Settembre, con Serena Rossi.

Per Aldo Grasso, Napoli è capitale morale della fiction di Rai 1. Una Napoli in chiaroscuro mette in risalto l’ottimo lavoro di ricostruzione storica; non è della stessa fattura, invece, la recitazione dei molti personaggi in scena, piatta e senza ritmo, scrive il critico sul Corriere della Sera:

Napoli, capitale «morale» della fiction di Rai1. Scenario di molti titoli della serialità del servizio pubblico, la città è protagonista anche de Il Commissario Ricciardi, sei episodi tratti da altrettanti racconti di Maurizio De Giovanni (lo stesso de I bastardi di Pizzofalcone). Il commissario di polizia Luigi Alfredo Ricciardi (Lino Guanciale), in forze alla Regia Questura della città, opera negli anni Trenta, con tutto il peso del fascismo, estetico e formale, che incombe sulle vicende. Nel primo episodio, tratto dal romanzo Il senso del dolore, l’investigatore è alle prese con il delitto di un noto tenore lirico, trovato senza vita nei camerini del teatro San Carlo durante le prove dei «Pagliacci» (rappresentata insieme a «Cavalleria Rusticana»). Si tratta di Arnaldo Vezzi, artista di fama mondiale e amico intimo del Duce; l’indagine assume presto i contorni torbidi del potere, con l’ineffabile commissario che prova a districarsi mantenendo fede alla propria etica e facendosi aiutare dal brigadiere Maione. Ricciardi è una figura che trasmette serietà e malinconia, pronto a «separare l’uomo dal poliziotto», che non accenna quasi mai un sorriso distensivo, e che ha il dono soprannaturale di vedere gli ultimi istanti di vita delle vittime, come fantasmi che ne popolano i pensieri. La serie, prodotta da Clemart e con la regia di Alessandro D’Alatri, è un miscuglio di generi: il poliziesco classico, il mistery, l’inevitabile patina melodrammatica, con due donne che entrano nella vita del commissario, la moglie della vittima ed Enrica, una ragazza che abita nel palazzo di fronte e di cui è innamorato. Ricciardi è un flâneur il cui girovagare per una Napoli in chiaroscuro mette in risalto l’ottimo lavoro di ricostruzione storica delle atmosfere, fedeli ai romanzi; non è della stessa fattura la recitazione dei molti personaggi che compongono la scena, piatta e senza ritmo.

E’ una fiction fuori dalla norma, un prodotto insolito, dall’andamento lento, con una forte contaminazione di generi e una meticolosa ricostruzione di ambienti e atmosfere, scrive su Avvenire il critico Andrea Fagioli:

Con Luigi Alfredo Ricciardi, giovane e integerrimo commissario della Regia Questura del capoluogo campano, si abbandona l’attualità e si torna indietro nel tempo, agli anni Trenta del secolo scorso, in pieno fascismo, e Napoli, nonostante le ben note contraddizioni, non è più da cartolina, bensì una città grigia, umida e addirittura nebbiosa. Anche la storia non è più lineare e realistica. Entrano in scena persino i fantasmi, quelli delle vittime di morte violenta che svelano al commissario, in modo ripetitivo e ossessionante, l’ultima frase detta o pensata prima di essere uccisi. È questa, infatti, la dote paranormale che, insieme al grande intuito e alla capacità di memorizzare il più piccolo dettaglio, permette a Ricciardi di individuare i colpevoli oltre ogni logica apparenza. Anche se poi, per comprensione umana (verrebbe quasi da dire per carità cristiana), decide di fare giustizia a modo suo e non secondo le evidenze del caso. Questo perché lui stesso, come recita il titolo del primo episodio, ha «il senso del dolore». Ricciardi, infatti, è un bel tenebroso, introverso e solitario, triste e terribilmente timido nonostante l’improbabile ricciolo tirabaci. Insomma, se non fosse per l’impermeabile (il trench per dirla con il termine dell’epoca) e il rammentato intuito, Ricciardi sarebbe davvero un poliziotto totalmente fuori dalla norma, così come lo è per Rai 1 questa fiction scritta dallo stesso Maurizio de Giovanni con Salvatore Basile, Viola Rispoli e Doriana Leondeff, ovvero un prodotto insolito, dall’andamento lento, con una forte contaminazione di generi (poliziesco, giallo e melodramma) e una meticolosa ricostruzione di ambienti e atmosfere.

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