Rassegna stampa: il senso della Musica di Bonolis

4 milioni 659 mila spettatori, pari al 21.23% di share, hanno seguito su Canale 5 la prima delle tre serate evento di Music, il nuovo show condotto da Paolo Bonolis. Il conduttore torna in prima serata con un programma musicale inedito, accompagnato da ospiti di fama internazionale, da Simon Le Bon ad Anastacia, ma anche Gianna Nannini, Dolcenera, Fedez e J-Ax, Morgan, Manuel Agnelli, Noemie Loredana Bertè, John Miles, Marcus Miller con Enzo Avitabile, Benji e Fede, Arturo Bracchetti, Francesco Renga, Nek, Ezio Bosso, The Kolors, Piero Pelù, Elisa, Antonello Venditti e Gerard Depardieu e John Travolta, per raccontare al pubblico la musica che più amano.

Aldo Grasso promuove il programma, anche se, per il critico del Corriere della Sera, le conversazioni appesantiscono di molto la trasmissione:

Verrebbe da dire: un bel programma, peccato ci fosse Bonolis. Bonolis o chiunque altro. L’idea di fondo di «Music», il programma ideato da Paolo Bonolis e Gianmarco Mazzi e scritto da Sergio Rubino, Marco Salvati, Federico Moccia, Barbara De Simone, con Nicola Brunialti, Graziamaria Dragani, Armando Vertorano (ma davvero servivano così tanti autori?) è questo. Si invitano cantanti famosi, magari una star internazionale come Simon Le Bon e John Travolta (costo?), e con la scusa di far loro scegliere la «canzone della vita», si prepara una bella scaletta di cover (Canale 5, mercoledì, 21.20). Buoni cantanti e buona musica, il gioco è fatto. Specie se puoi contare su autori come Lennon-Cartney, Leonard Cohen, Ludwig van Beethoven, Pink Floyd… Di questi tempi poi, in cui l’industria discografica non se la passa tanto bene, trovare cantanti non così difficile. Persino Manuel Agnelli, smessi gli abiti dell’indipendente duro e puro, si concede alla tv generalista (peraltro, l’interpretazione di «The Long and Winding Road» dei Beatles è la più bella della serata). Persino Fedez e J-Ax sembrano ormai Albano e Romina. Già, il gioco è fatto, se non ci fosse Bonolis o chi per lui. Nonostante la serata fosse registrata (e dunque con ampie possibilità di montaggio), le chiacchiere con i cantanti erano così prive di ritmo, così autoreferenziali e compiaciute (ma servono così tanti autori per scrivere simili banalità?), da appesantire in maniera insopportabile il programma. È così importante sapere il ruolo della mamma nella vocazione di Renga (forse per il suo psicoanalista, non certo per lo spettatore), o il marchettone sul resort di Travolta, o le avventure pubiche di Agnelli? La regia di «Music» è di Roberto Cenci. Produttore per Arcobaleno Tre è Niccolò Presta, produttore per SDL 2005 Marco Bruganelli. Per tutto bene, ma in famiglia meglio.

Per la critica de La Stampa, Alessandra Comazzi, nessuno come Bonolis sa animare le platee, mescolando e gestendo il magma per dare forma al caos:

I fati, quelli che guidano chi si lascia guidare e trascinano chi si oppone, hanno operato affinché nello stesso giorno, mercoledì 11, si presentasse ufficialmente il Festival di Sanremo della premiata ditta Carloconti-De Filippi, e Paolo Bonolis debuttasse su Canale 5 con «Music». Programma importante che è la messa in atto della sua «Weltanschaung»: cioè della sua visione del mondo e, più modestamente, del varietà. Come aveva annunciato il direttore di Canale 5, Giancarlo Scheri, in un’intervista al nostro Piero Negri: «La musica è una delle grandi leve dell’intrattenimento. Il segreto di qualsiasi contenuto tv è l’emozione, e la musica è uno dei fondamenti per dare emozioni». Nessuno come Bonolis sa animare le platee, talvolta titillandone i bassi istinti che poi nobilita. Mescola. Gestisce il magma e dà forma al caos. Grande professionista, lui è lui, mai legato a una bandiera. Può lavorare alla Rai e a Mediaset, ha cambiato casacca varie volte. Come chiunque sia dotato di personalità forte, suscita calde simpatie e pure l’opposto. Sta volentieri lontano dalla tv, ma quando c’è, c’è, e non si risparmia. Così accade in questa trasmissione dedicata all’animo degli artisti. «Un programma senza giudici e senza talent, senza premi, senza percorsi che portano a Sanremo – dice il conduttore -. Quali sono le canzoni della vita di quelli che hanno cantato le canzoni della nostra vita?». E su questo quesito si dipana la narrazione. Con ospiti straordinari nel senso etimologico del termine. Ai quali è stato richiesto di parlare. E lo hanno fatto pure bene, spiritosi, interessanti. D’altronde la lingua della musica è l’italiano, come ha ricordato Ezio Bosso. C’era persino John Travolta, un po’ spaesato, in verità. Lui ha fatto il suo spottino, ma gli altri no. E così Bosso, Elisa, Fedez, Manuel Agnelli, Luca Laurenti, Simon Le Bon, Francesco Renga, i Colors, Tullio De Piscopo, Enzo Avitabile hanno raccontato, e cantato. C’è stato da ridere e da piangere e da batter le mani. Come diceva Gaber, ricordato da Fedez quale «maestro più che sapiente: ha insegnato a tutti noi l’ironia». Difetto? Troppo lungo, bisognava avere il coraggio di tagliare qualcosa, magari realizzando una puntata in più. Ascolti buoni, 4 milioni 659 mila spettatori, oltre il 21 per cento di share.

Bonolis vince facile con la musica d’autore, scrive su Avvenire il critico Andrea Fagioli:

I grandi artisti che hanno cantato le canzoni della nostra vita, ce l’hanno a loro volta una canzone della vita? Nasce da qui, da una banale domanda, uno spettacolo, Music, alquanto impegnativo a livello di ospiti e di messa in scena all’interno del mitico Teatro 5 di Cinecittà in Roma, il leggendario studio di posa di Federico Fellini, con dentro un pubblico di oltre mille e trecento persone. Del resto quando Paolo Bonolis decide di tornare in tv (in attesa che domenica riparta Avanti un altro) non guarda a spese, anche perché non toccano a lui. A parte questo, lo show in due puntate (più «Il meglio di…» per una terza), in onda il mercoledì in prima serata su Canale 5, è una sorta di Sanremo in anticipo che ha preso il via proprio nel giorno in cui dal Casinò della Città dei fiori si svelava il segreto di Pulcinella circa Maria De Filippi a fianco di Carlo Conti nella conduzione del Festival della canzone italiana. Mentre Bonolis, non andando in diretta, ha approfittato del traino del Tg5 (ospite in studio nell’edizione delle 20), non solo per lanciare il suo Music, ma anche per qualche battuta sull’attualità festivaliera: «Dopo la De Filippi a Sanremo pensavo di presentare lo show al Tg1». E ancora: «Volevo fare Sanremo a Roma, la Raggi ha detto no». Per quanto riguarda lo spettacolo vero e proprio, Bonolis, con la partecipazione dell’immancabile Luca Laurenti, ha scelto la via più facile, quella delle canzoni d’autore cantate da altrettanti autori. Allora, se metti insieme nell’ordine John Miles, Simon Le Bon dei Duran Duran, Francesco Renga, John Travolta, Fedez e J-Ax, Ezio Bosso, Manuel Agnelli, Tullio De Piscopo e i The Kolors, Elisa e Enzo Avitabile comunque vada sarà un successo. Se poi a tutti questi fai cantare Mina, i Beatles, i Pink Floyd o suonare Beethoven il gioco è fatto. Con in più un’orchestra di oltre sessanta elementi diretti dal maestro Diego Basso. Bonolis, pertanto, nonostante la decina di autori che firmano il programma, non ha avuto bisogno di fare molto altro, anzi: sarebbe stato meglio se avesse fatto anche meno. Il livello delle interviste, ad esempio, è stato piuttosto basso. Nel caso di Manuel Agnelli, leader del gruppo rock Afterhours e giudice di X- Factor, l’oggetto della chiacchierata era addirittura riconducibile a sotto la cintura con i soliti ritriti doppi sensi.

Perché Bonolis non la smette di condurre programmi come Ciao Darwin e si dedica esclusivamente a show belli e sani come Music? Laura Rio pone questa domanda su Il Giornale:

Certo, la nostra domanda è retorica: quelle trasmissioni lì, che solleticano la pancia dello spettatore, servono per fare cassa e permettere la produzione delle altre, quelle che emozionano senza scadere nel trash. Perché una rete commerciale come Canale 5 non si può permettere di sbagliare, non si può permettere di sperimentare troppo e, dunque, può concedere ai suoi big di realizzare prodotti ad alto rischio (i cui costi potrebbero non coprire gli introiti) solo sporadicamente. Ma uno show come Music (la prima puntata è andata in onda mercoledì) dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, che la qualità può sposarsi con i numeri: uno share del 21,2 per cento con 4 milioni 659 mila spettatori medi è un ottimo risultato, soprattutto se si considera che in concorrenza c’era la partita Juventus-Atalanta. La lunghissima trasmissione di Bonolis, con la ricca carrellata di ospiti, da John Travolta a Manuel Agnelli, da Ezio Bosso a Simon Le Bon, ha meriti semplici: far trascorrere una bella serata allo spettatore che s’avvolge nei ricordi suscitati dai brani intonati dagli ospiti, che ride alle battute del conduttore, che magari scopre artisti che non aveva mai ascoltato. Bonolis, che in un solo show riesce a innestare due suoi pallini, il «senso della vita» e la musica, ha il sorriso sulle labbra e non la faccia corrucciata di quanto presenta Ciao Darwin.

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