Rassegna stampa: Politics, si può fare di più!

Martedì 6 settembre è partito su Rai3 il nuovo programma d’informazione Politics – Tutto è politica, condotto da Gianluca Semprini, ex volto di Sky Tg24. Il primo appuntamento, penalizzato dall’assenza dell’ospite principale, Luigi Di Maio, è stato seguito da 1 milione 306 mila spettatori pari al 5.56% di share.

Il critico Aldo Grasso promuove il talk che ha preso il posto di Ballarò, definendolo veloce e pacato, che però ha ancora bisogno di un po’ di rodaggio. Infatti sul Corriere della Sera scrive:

La prima cosa bella di «Politics» è che dura 90 minuti, come una partita di calcio. Le tre ore dei talk politici sono ormai indigeste, maratone per parvenu della discussione. La seconda è che finalmente si può assistere a un dibattito con tre persone (due ospiti e il conduttore) senza che questi necessariamente si menino. La terza è che il ministro Maurizio Martina si è dimostrato più in palla dell’ex ministro Giulio Tremonti. «Politics» è il programma d’informazione che prende il posto di «Ballarò», su Rai3 (martedì, 21.10). C’era attesa per questa promessa di maggiore stringatezza e minore fumosità, per le domande «serrate» (quelle che non dovrebbero lasciare scampo all’evasività), per la partecipazione del pubblico attraverso i social. Com’è andata? Così così, ma era la prima puntata e il programma ha bisogno di molto rodaggio, specie nel coordinare le interviste con i servizi filmati stile «Ballarò» (per ora due corpi estranei). L’ospite più atteso era il grillino Luigi Di Maio, ma non si è presentato (una volta Berlusconi non si presentò da Biagi e il giornalista lesse le domande che gli avrebbe voluto fare creando un effetto straniante molto efficace). Per fortuna al suo posto c’erano Claudio Cerasa e Tommaso Cerno: lucido come sempre il primo, un po’ troppo esagitato il secondo. Qui mi sarei aspettato qualcosa di più da Gianluca Semprini: come «corpo estraneo» alle logiche Rai avrebbe dovuto stupirci di più. Per esempio, una trasmissione che giustamente vuole affrontare la politica in modo diverso dovrebbe eliminare le interviste alla gente comune (non servono a niente, sono piene di banalità, fanno colore e sono altamente manipolabili). Anche la regia, in alcune occasioni, non è stata di grande aiuto: il primo piano di Semprini s’impastava spesso sullo sfondo. Comunque il programma c’è e non può che migliorare. Com’è successo, nel finale, con l’intervista al sindaco di Amatrice.

Per il critico di Repubblica, Antonio Dipollina, senza il politico di grido il nuovo talk sa d’antico:

Spiazzati, si rimanda tutto alla prossima, ma intanto un qualche talk bisogna farlo. E così a Luigi Di Maio che a poche ore dal programma fa il gran rifiuto e non ci va, riesce l’unica mossa davvero destabilizzante contro i poteri forti, quelli del talk tv appunto, in questo caso. Politics, ovvero il post-Ballarò di Raitre, finisce così a dibattito coi giornalisti e servizi esterni già preparati in chiave Di Maio, un insieme che alla fine richiama molto certi talk del mattino: il guaio è che intanto a Roma e al Direttorio grillino sta venendo giù tutto e non solo non c’è lo streaming ma non se ne sa pressoché nulla per oltre mezza durata di trasmissione: e l’impressione alla fine è di quelle tipo parliamone tanto mentre si attendono i risultati elettorali e nessuno sa nulla. Succede, ma spiazza davvero per quella che a suo modo doveva essere una serata storica per la Rai, ovvero non solo il superamento del semplice, si fa per dire, Ballarò ma l’invenzione in diretta e in work in progress e via social e grande partecipazione di popolo (guai a negarsela), del talk moderno. Il punto, come si dice, è la narrazione che Gianluca Semprini e il suo gruppo hanno lanciato nella insistita campagna di spot in onda da mesi: cambiare tutto, per Politics, significa prendere il politico e inchiodarlo alla sedia e alle sue responsabilità: alla prima divagazione o discorso fumoso il politico viene portato via di peso (nello spot, nella realtà non si sa e non l’abbiamo appunto potuto scoprire ieri sera e sarà per la prossima). Saltando quello, salta tutta la narrazione, appunto, e viene fuori altro. Solo nell’ultima parte arrivano i politici, ma sono in coppia — Martina e Tremonti — e tutti quelli che si erano messi alla tv per vedere il politico singolo torchiato e infine portato via — e magari in maniera rude — da qualche addetto nerboruto rimangono vagamente delusi. Peccato perché era una gran serata quasi fatta apposta, tanto fatta apposta che il politico prescelto, Di Maio, si è ben guardato dal partecipare all’esperimento: e la questione del talk, il dibattito sul dibattito, insomma, rimane in sospeso. Per dire, in contemporanea assoluta ieri sera su La7 mandavano In Onda come una specie di All Star Game, in studio, in ordine sparso, Mentana, Travaglio, Alba Parietti, Claudio Amendola, De Bortoli etc etc. Come a dire, noi crediamo ancora al talk siffatto: e c’era pure Matteo Orfini, presidente Pd, che l’altro giorno ha scritto un paio di cose piuttosto decise sull’annunciato nuovo corso di Politics e di Semprini. Primo, i 90 secondi annunciati per rispondere a qualunque domanda sono una follia, soprattutto se la questione posta è complessa. Secondo, ha detto Orfini, posso tranquillamente confessare che in passato si andava ai talk per divertirci con poco impegno e fare lo show. Ieri sera non è stato possibile, ma se in futuro Politics farà ragionare diversamente politici e pubblico su cose di questo genere potrà avviarsi a vincere battaglie. Altrimenti come non detto, tanto alla fine è talk ma è soprattutto show.

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La prima puntata di Politics su Rai3

Per il critico di Avvenire, Andrea Fagioli, il Semprini talk show per ora è solo ritmo:

«Le nostre regole sono poche e speriamo molto chiare. Se la realtà è difficile da comprendere, fare le domande è la prima condizione. Se si parla uno alla volta, non c’è bisogno di urlare. Se si va dritti al sodo, novanta minuti bastano per raccontare la politica». Erano giorni che assistevamo, in un prolungato conto alla rovescia, a questo proclama di Gianluca Semprini, transfuga da Sky, approdato a Rai 3 per condurre Politics -Tutto è politica, il nuovo talk show del martedì sera al posto del Ballarò finito in soffitta («ormai logoro», a giudizio della neodirettrice di rete Daria Bignardi) dopo quattordici anni di onorato servizio. Ma se la prima condizione per capire la politica è fare le domande, almeno la seconda è che ci sia chi risponde. Al buon Semprini, però, è andata subito buca. A poche ora dal debutto e dall’annunciato faccia a faccia con il pentastellato Luigi Di Maio, che doveva essere il piatto forte della prima puntata visto quello che sta succedendo all’interno del Movimento di Grillo, ecco la rinuncia all’ospitata. Un colpo di scena che Semprini, facendo buon viso a cattiva sorte, ha cercato di ribaltare a proprio favore intervenendo prontamente sui social, già dal primo pomeriggio, trasformando il previsto hashtag #DiMaioRisponde in #DiMaioNonRisponde. Infatti, il vicepresidente della Camera e leader in pectore (almeno fino a qualche giorno fa) dei Cinque stelle doveva rispondere via Facebook e Twitter anche alle domande dei telespettatori perché così vorrebbe l’annunciata forte interazione del nuovo programma col web. Di Maio si è fatto vivo con un messaggino che è servito a Semprini per creare un briciolo d’attesa anche perché il testo conteneva ben poco: le scuse con il pubblico e la promessa di intervenire la prossima settimana. Per il resto, a parte lo studio, non si sono registrate grandi novità rispetto al passato, se non l’aver portato in Rai un po’ di ritmo Sky e una lunghezza complessiva minore, che non guasta, ma nemmeno basta. Il cronometro e il numero di temi e d’interventi (direttori di giornale, ministri, ex ministri, sindaci, inviati…) non sono tutto se non si riesce a fare poi un vero approfondimento. Ma se non è buona la prima, le attenuanti ci sono. C’è anche il tempo per rifarsi, ma in fretta, per non perdere il ritmo.

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